Fondo patrimoniale e azione revocatoria - Nota breve a: Cass 06/03/2019, n. 6450, di Giovanna Di Benedetto, Dottoranda di Ricerca in "Legal and Social Sciences", Università di Camerino.

15 novembre 2020

La Corte di Cassazione con la sentenza del 06/03/2019, n. 6450, ha statuito che la mancata annotazione a margine dell’atto di matrimonio dell’atto di costituzione di un fondo patrimoniale, ovvero in difetto della relativa prova, sono irrilevanti al fine di paralizzare l’azione revocatoria promossa avverso l’iscrizione di un bene immobile nel fondo.

  1. Il casus decisus.

La vicenda in esame ha ad oggetto il ricorso proposto dai coniugi B.D. e C.G. contro la I.F. s.p.a. quale mandataria della C. Finance s.r.l., innanzi alla Corte di Cassazione, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma, al fine di far dichiarare l’improponibilità dell’azione con la quale la quale la I.F. s.p.a. conveniva in giudizio i coniugi chiedendo che fosse dichiarata l’inefficacia, ai sensi dell’art. 2901, cod. civ., dell’atto con il quale gli stessi avevano costituito in fondo patrimoniale un immobile.

Infatti, i coniugi B.C. e C.G., avevano costituito, ai sensi degli artt. 167 e ss., cod. civ., un fondo patrimoniale, senza, tuttavia, procedere all’annotazione della convenzione in margine dell’atto di matrimonio e comunque, trascrivendo la stessa ai Registri Immobiliari.

In precedenza, C.G. si era reso fidejussore, innanzi alla Cassa di risparmio Alfa s.p.a., per ingenti somme di altra società nelle more fallita e la C. Finance s.r.l. si era resa cessionaria del predetto credito.

La Corte d’Appello ha dichiarato l’inefficacia, ai sensi dell’art. 2901, cod. civ., dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale (limitatamente alla quota di C.G.) nei confronti della I.F. s.p.a..

La Corte territoriale ha, altresì, rilevato che il Tribunale di prime cure aveva erroneamente posto a fondamento della propria decisione una circostanza non contestata, ossia la mancata annotazione del fondo patrimoniale a margine dell’atto di matrimonio.

I coniugi, allora, hanno addotto, tra l’altro, tra i motivi di ricorso innanzi alla Corte di legittimità, che il Giudice di prime cure avrebbe dovuto rilevare d’ufficio la nullità della domanda della I.F. s.p.a. generata dalla mancata allegazione della circostanza dell’annotazione dell’atto impugnato a margine dell’atto di matrimonio. 

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ritenendolo infondato e pertanto, ritenendo che la mancata annotazione a margine dell’atto di matrimonio della convenzione matrimoniale, ovvero in difetto della relativa prova, sono irrilevanti al fine di paralizzare l’azione revocatoria promossa avverso l’iscrizione di un bene immobile nel fondo.

In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che il sistema di pubblicità delle convenzioni matrimoniali, di cui all’art. 163, cod. civ., fondato sull’annotazione, ha certamente la finalità di rendere la convenzione stessa opponibile ai terzi.

Tuttavia, l’azione revocatoria non ha tra i suoi elementi costitutivi la circostanza che l’atto in relazione al quale è domandata sia effettivamente opponibile ai terzi.

 

  1. L’azione revocatoria e l’opponibilità ai terzi del fondo patrimoniale.

Il fondo patrimoniale, disciplinato dagli artt. 167 e ss., cod. civ, è una forma di segregazione patrimoniale che si sostanzia nella costituzione di un vincolo di indisponibilità imposto su determinati beni ed i relativi frutti, i quali non potranno essere sottoposti ad esecuzione forzata, se non per le obbligazioni assunte per il soddisfacimento dei bisogni familiari.

Negli ultimi anni, a causa della forte crisi che ha investito tutto il sistema economico europeo, si è assistito ad un uso abusivo dell’istituto del fondo patrimoniale. 

Il quale lungi dall’essere finalizzato al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, è stato utilizzato non di rado per sottrarre i beni alle pretese dei creditori.

Lo strumento a tutela delle ragioni dei creditori a fronte dell’uso fraudolento del fondo patrimoniale è rappresentato dall’azione revocatoria con la quale è possibile far dichiarare l’inefficacia del negozio nei confronti dei creditori, qualora ricorrano le condizioni di cui all’art. 2901, co. 1, cod. civ.

Presupposti dell’actio pauliana di cui all’art. 2901, cod. civ., sono: l’esistenza di un atto di disposizione, il pregiudizio per il creditore, la conoscenza che il debitore ha del danno che si arreca al creditore.

Nel caso di specie, uno dei coniugi si era prima reso fidejussore per ingenti somme per fatti estranei ai bisogni della famiglia e successivamente aveva costituito un fondo patrimoniale, senza, tuttavia, procedere, ai fini dell’opponibilità dell’atto ai terzi, all’annotazione, di cui all’art. 163, co. 3, cod. civ., a margine dell’atto di matrimonio.

In siffatta ipotesi, si ritiene sufficiente, ai fini della revocatoria, il compimento dell’atto unitamente alla consapevolezza del pregiudizio che siffatta operazione negoziale avrebbe arrecato alle ragioni creditorie, senza rilevare in alcun modo la carenza di opponibilità ai terzi.

Come correttamente sostenuto dalla Suprema Corte, infatti, l’azione revocatoria non ha tra i suoi fatti costitutivi la circostanza che l’atto sia effettivamente opponibile ai creditori, ma solo che l’atto stesso sia compiuto producendo l’immeditato effetto formale di sottrarre il bene dal patrimonio del debitore.

La mancata opponibilità non può giovare ai coniugi debitori nella realizzazione del piano simulatorio al fine di pregiudicare la riscossione del credito.

Diversamente essi avrebbero potuto evitare, mediante la sola mancata annotazione, ogni contestazione da parte del ceto creditorio.