Fondo patrimoniale e clausola derogativa dell'autorizzazione giudiziale, in presenza di figli minori, di Giovanna Di Benedetto, Dottoranda di Ricerca in "Legal andnd Social Sciences", Università di Camerino.

10 novembre 2020

La Corte di Cassazione con la sentenza del 04/09/2019, n. 22069, ha ribadito che, pur in presenza di figli minori di età, la preventiva autorizzazione del Giudice Tutelare al compimento di atti di disposizione di beni costituiti in fondo patrimoniale è necessaria solo se non vi è stata espressa pattuizione in senso contrario nell’atto di costituzione del vincolo.

  1. Il casus decisus.

La vicenda in esame ha ad oggetto il ricorso proposto da M.C., M.F. e R.R. contro la Banca Alfa. s.p.a., innanzi alla Corte di Cassazione, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia con la quale veniva dichiarata la legittimità della clausola contenuta nell’atto di costituzione di beni immobili in fondo patrimoniale, nella parte nella quale escludeva che fosse necessaria la preventiva autorizzazione del Giudice Tutelare per il compimento di atti di disposizione dei beni in fondo, in presenza di figli minori di età.

Ciò al fine di far dichiarare la nullità dell’anzidetta clausola e per effetto veder disporre l’annullamento delle iscrizioni ipotecarie sugli immobili oggetto del fondo richieste ai Registri Immobiliari dalla Banca Alfa s.p.a. a garanzia di due contratti di mutuo.

Infatti, i coniugi M.C. e R.R., quando ancora il figlio M.F. era minorenne, avevano costituito, ai sensi degli artt. 167 e ss., cod. civ., un fondo patrimoniale, convenendo espressamente che i beni segregati potessero “essere alienati, ipotecati e dati in pegno o comunque vincolati con il solo consenso di entrambi i coniugi, senza necessità di alcuna autorizzazione giudiziale”. 

I coniugi hanno successivamente stipulato due contratti di mutuo con la Banca Alfa s.p.a., concedendo a garanzia ipoteche su immobili costituiti in fondo, senza preliminarmente richiedere autorizzazione per il compimento di siffatta operazione al Giudice Tutelare.

La Corte d’Appello ha ravvisato la legittimità della clausola derogatoria dell’autorizzazione giudiziale in questione, sulla base dell’interpretazione dell’art. 169, co. 1, cod. civ.  

La Corte ha, infatti, affermato che: “L’espressa previsione normativa non può certo leggersi in forma dicotomica, per cui la deroga all’autorizzazione può valere solo per evitare la necessità di ottenere il consenso di entrambi i coniugi al fine di rendere validi gli atti di disposizione del fondo, ma non per rendere possibili gli atti di disposizione posti in essere in presenza di figli minori”. 

Traendo, così, la conclusione che il legislatore ha inteso riservare alla volontà dei costituenti il fondo la facoltà di limitare il potere dispositivo sui beni vincolati ai bisogni della famiglia.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ritenendolo infondato e pertanto, ritenendo la clausola in esame rispondente al modello normativo derogatorio.

In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che, pur in presenza di figli minori, si deve ritenere che la disciplina legale sancita dall’art. 169, cod. civ. - e pertanto, la preventiva autorizzazione del giudice all’alienazione di beni del fondo – si rende applicabile solo in mancanza di espressa deroga prevista nell’atto di costituzione del fondo patrimoniale da parte dei costituenti.

  1. Fondo patrimoniale e clausola derogativa dell’autorizzazione giudiziale, in presenza di figli minori, per il compimento di atti di straordinaria amministrazione, ex art. 169 cod. civ.

Il fondo patrimoniale, introdotto con la Legge di riforma del diritto di famiglia del 19 maggio 1975, n. 151 e disciplinato dagli artt. 167 e ss., cod. civ, è una forma di segregazione patrimoniale che si sostanzia nella costituzione di un vincolo di indisponibilità imposto su determinati beni per il soddisfacimento dei bisogni familiari.

Appare opportuno precisare che la costituzione del fondo patrimoniale non può essere ricondotto all’adempimento dell’obbligo di contribuzione gravante su ciascun coniuge, di cui all’art. 143, cod. civ.

Si tratta, piuttosto, di un patrimonio destinato dato che i beni segregati ed i relativi frutti non potranno essere sottoposti, ai sensi dell’art. 170, cod. civ., ad esecuzione forzata, se non per le obbligazioni assunte per il soddisfacimento dei bisogni familiari.

I beni costituiti in fondo, pertanto, non soggiacciono al principio generale, sancito nell’art. 2740, cod. civ., per il quale il debitore risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i propri beni presenti e futuri.

Da ciò consegue che gli eventuali creditori dovranno valutare la riconducibilità del debito ai bisogni della famiglia prima di attivare la procedura esecutiva.

La limitazione di responsabilità è giustificata dalla funzione solidaristica del vincolo a tutela della famiglia riconosciuta anche a livello costituzionale. Si tratta, senza dubbio, di un fine lodevole e costituisce la concreta manifestazione dello spirito solidaristico che permea il nostro sistema giuridico.

Salvo diversa disposizione contenuta nell’atto costitutivo del fondo, ai sensi dell’art. 169, cod. civ., i beni segregati non potranno essere alienati, concessi in garanzia o comunque vincolati, se non con il consenso di entrambi i coniugi e qualora vi siano figli minori, previa autorizzazione giudiziale da concedersi solo per necessità od utilità evidente della famiglia.

La ratio della norma è evidentemente quella di porre delle limitazioni alla libera commercializzazione dei beni costituenti il fondo, al fine di assicurare che questi restino a garanzia del soddisfacimento delle esigenze familiari. 

Tuttavia, un vincolo di indisponibilità assoluta potrebbe rivelarsi controproducente per gli interessi della famiglia ove questa si trovasse nella necessità di liquidare alcuni beni del fondo per le proprie esigenze. 

Nel caso di specie, nell'atto di costituzione del fondo patrimoniale era stabilito che i beni sarebbero potuti essere alienati, ipotecati, dati in pegno o comunque vincolati con il solo consenso di entrambi i coniugi, senza necessità di autorizzazione giudiziale.

Ci si è interrogati in dottrina ed in giurisprudenza sulla portata della clausola derogatoria consentita nella prima parte dell’art. 169, co. 1, cod. civ.: “Se non è espressamente previsto nell’atto costitutivo, non si possono…”.

In particolare, se questa fosse da riferire al solo consenso congiunto dei coniugi o alla sola autorizzazione giudiziaria oppure ad entrambe.

La Corte di Cassazione, nel caso di specie, fa proprie le conclusioni della Corte territoriale escludendo che l’inciso normativo in esame possa interpretarsi nel senso di ammettere l’esclusione del consenso congiunto dei coniugi ma non esclusione dell’autorizzazione dell’autorità giudiziaria per il caso di presenza di figli minori.

Infatti, secondo orientamento prevalente e preferibile, sia in dottrina che in giurisprudenza, nell’atto costitutivo del fondo patrimoniale si può espressamente escludere sia la necessità del consenso di entrambi i coniugi (per il solo caso che il bene segregato non cada in comunione legale), sia la necessità di autorizzazione del Giudice tutelare.

Dall’altra parte, va ritenuto che una interpretazione costituzionalmente corretta dell’art. 169, cod. civ., che sia rispettosa di quanto disposto nell’art. 31, co. 1, Cost., impone una lettura nel senso che qualora l'atto costitutivo preveda l’esclusione, in presenza di minori, dell’autorizzazione giudiziaria, esso sia da ritenersi valido ed efficace. 

Poiché, un vincolo di indisponibilità assoluta mal si concilierebbe con il compito che l’ordinamento si assegna di agevolare la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti che dalla famiglia hanno origine ed eluderebbe la ratio sottesa all’istituto del fondo patrimoniale.